mercoledì 24 agosto 2016

Un terremoto non si può prevenire, ma i crolli delle case sì

La foto sopra è una zona del centro di Amatrice dopo il terremoto di ieri notte. I grandi elementi piani quasi intatti sono coperture (tetti, se preferite) in laterocemento con cordolo armato, che vengono spesso utilizzati anche negli edifici storici in sostituzione dei tetti originali in legno. Questi tetti, composti in genere da travi in cemento precompresso e tavelloni di laterizio, sono pesanti e quasi indeformabili. In caso di cedimento si abbattono sull'edificio come una pressa.
Nella foto sotto invece si vedono, tra le macerie, delle pietre arrotondate. Probabilmente materiale raccolto nei fiumi, inadatto alle costruzioni, sovrapposto in qualche modo nei muri a sacco che si sono polverizzati. I muri a sacco sono muri spessi almeno 50 cm, con due pareti esterne composte di materiali di buona qualità e riempiti con pietrame, sfiuti di cava, quello che c'era.
Se nelle pareti esterne non ci sono conci squadrati e di dimensioni regolari ma pietre rotonde, che non "legano" tra loro e sono magari unite da malte di terra, il muro è staticamente molto precario. E quando è sollecitato crolla, particolarmente se sopra gli è stato messo un tetto di cemento che pesa tonnellate.
Cento, duecento anni fa le case si facevano come capitava, usando quello che si aveva a portata di mano. Ma oggi a noi architetti spesso si nega la possibilità di intervenire sulle costruzioni storiche e si prescrive  di "mantenere la muratura originaria e non alterare la struttura dell'edificio". Anche in case che sembrano stare su per miracolo. Ma i miracoli, anche per chi ci crede, non durano. Converrebbe riflettere.


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