sabato 16 novembre 2013

Matteo Renzi, effetti collaterali

Gli osservatori più attenti avranno notato che nelle ultime settimane, diciamo dopo la Leopolda 2013, la figura di Matteo Renzi viene scrutata con molta più attenzione dall'establishment culturale della sinistra italiana. Questa metamorfosi è riassunta molto bene in un articolo di Nicola Mirenzi dal titolo Serra e Piccolo rottamano il tabù della superiorità pubblicato oggi su Europa.
Mirenzi usa come incipit il titolo del romanzo di Walter Siti Premio Strega 2013: Resistere non serve a niente. Poi racconta dell'ormai famosa amaca di ieri di Michele Serra, che ha lasciato di stucco cuperlissimi e civatissimi, gente che le amache le ripostava con soddisfazione e diligenza quasi ogni mattina. Ma del resto Serra aveva già detto le stesse cose la sera prima in TV a 8 e mezzo su La7.
E siccome ormai anche gli intellettuali fanno i loro outing in TV, Mirenzi sposta la sua attenzione sull'ospitata di Francesco Piccolo a Che tempo che fa di domenica 3 novembre, dove ha presentato il suo nuovo libro Il desiderio di essere come tutti, un romanzo autobiografico. Piccolo è uno degli autori di Fabio Fazio, quindi non era certo in un ambiente ostile. Però per essere diventato comunista nel '74, come scrive lui stesso, nell'intervista ha detto cose affatto banali. Ad esempio che l'intoccabile e santificato Berlinguer negli ultimi anni in realtà era un conservatore (con una posizione "reazionaria" dice Piccolo), incapace di rapportarsi ai cambiamenti della politica italiana.
Insomma, non è solo Baricco. Si è aperto un dibattito nella sinistra intellettuale che potrebbe scardinare alcune granitiche certezze che hanno appesantito il pensiero left degli ultimi decenni. Il tema centrale è la dicotomia tra innovazione e conservatorismo, tra reattività e letargia. La presa di coscienza che le cose devono cambiare, e devono farlo adesso. L'immagine simbolo di questa fase potrebbe essere il multitasker Matteo Renzi che digita con rapida dimestichezza sulla tastiera del PC mentre parla con il suo interlocutore. E dall'altra parte il veterosarcasmo di D'Alema che commenta "Non ci serve un dattilografo". Resistere non serve a niente.

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