venerdì 30 settembre 2011

A Panama non c'è solo Lavitola

Da domani a venerdì 7 ottobre le delegazioni diplomatiche e gli osservatori si ritroveranno a Panama City per l'ultima sessione di negoziati sul clima prima della COP 17 di Durban in Sud Africa. A seconda di quanto sarà deciso e condiviso a Panama sapremo se la conferenza sudafricana di dicembre potra avere obiettivi ambiziosi o rappresenterà l'ennesimo incontro interlocutorio.
I temi principali sono quelli in discussione da anni, principalmente la necessità di ratificare un secondo periodo del protocollo di Kyoto in scadenza alla fine del 2012. Su questo fronte ormai nessuno spera di raggiungere un accordo a Durban. Lo scenario che potrebbe prospettarsi è che, in assenza di un accordo globale su un protocollo di Kyoto II, l'Europa si ponga unilateralmente degli obiettivi di riduzione delle emissioni, mantenendo di conseguenza in vita il mercato globale del CO2. Il miliardo e mezzo di dollari che l'Europa spenderebbe nel carbon trading dal 2013 permetterebbe di attendere le decisioni di Cina e Stati Uniti, che si auspica sottoscrivano i loro propri obiettivi di riduzione entro il 2015.
I più ottimisti vorrebbero anche un documento di indirizzo che preveda l'impegno a ridurre le emissioni almeno dell'80% entro il 2050 e a considerare il 2015 come anno di picco, dal quale poi le emissioni dovrebbero gradualmente diminuire.
La seconda questione cruciale riguarda le risorse finanziarie che i paesi occidentali dovrebbero garantire a quelli in via di sviluppo per le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici e che secondo quanto deciso lo scorso anno a Cancun dovrebbero raggiungere i 100 miliardi di dollari l'anno entro il 2020 (lo scorso anno il budget della Banca Mondiale per i cambiamenti climatici è stato di 43 miliardi). Nel quadro dei finanziamenti si attendono decisioni, inter alia, anche per quelli destinati a limitare la deforestazione (REDD).

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