martedì 10 novembre 2009

Scenari poco rassicuranti

Il 2009 sarà il primo anno dal 1981 in cui la domanda globale di energia segnerà un calo significativo. Sono gli effetti della crisi economica, ma le proiezioni dicono che per il 2030, se non saranno messi in pratica interventi radicali, l'energia consumata dal pianeta sarà il 40% in più del 2007, e l'aumento riguarderà per oltre il 90% i paesi in via di sviluppo che non fanno parte dell'OCSE.
Questo è lo scenario di partenza del World Energy Outlook 2009 presentato oggi a Londra da Nobuo Tanaka e Fatih Birol, rispettivamente direttore e capo economista dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA). Il rapporto annuale è un malloppo di quasi 700 pagine, ma sul sito dell'agenzia è disponibile anche una sintesi in italiano di 22 pagine.
Secondo Fatih Birol l'unico modo per invertire questa tendenza ed evitare drammatiche conseguenze nel clima della terra è ridurre il consumo di combustibili fossili a partire dal 2020. Del resto la produzione di petrolio declinerà rapidamente e, sempre secondo Birol, ci vorrebbero "quattro Arabie Saudite" per compensare la riduzione delle estrazioni di greggio da qui al 2030 (l'Arabia Saudita produce 12.5 milioni di barili di greggio al giorno).
Per rendere economicamente conveniente la riconversione energetica del pianeta bisognerà alzare di molto il prezzo del CO2. Secondo la IEA nelle nazioni OCSE è necessario fissare un prezzo del carbonio di 50 dollari/tonnellata al 2020 e ben 110 $ al 2030. Per i paesi in via di sviluppo l'agenzia indica 30 $/t al 2020 e 50 al 2030. Questo significa, per chi non è familiare con la materia, che chi consuma combustibili fossili paga molto caro il loro utilizzo, rendendo competitive le altre fonti energetiche.
La IEA stima che per uscire dall'economia del petrolio i paesi in via di sviluppo dovranno investire almeno 200 miliardi di dollari l'anno, parte dei quali dovrà necessariamente essere finanziato dai paesi industrializzati (uno dei punti più controversi del nuovo accordo globale post-Kyoto). Se entro il prossimo anno non saranno presi adeguati provvedimenti la IEA stima che ogni anno di ritardo costerà ulteriori 500 miliardi di dollari.
"Abbiamo bisogno che a Copenhagen si raggiunga un accordo - ha rimarcato Fatih Birol - per dare un segnale forte al mondo dell'industria. Altrimenti non cambierà nulla".

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